Il Salvador è il paese più piccolo dell'America Latina, e uno degli stati più pericolosi al mondo. La disgregazione familiare sottopone la società e la scuola a rischi continui. Ma nel 2005 si attiva il processo di promozione della scuola inclusiva, grazie alla sinergia di azioni realizzate dal Ministero dell'Educazione Salvadoregno, dalla Cooperazione Italiana, dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna e da EducAid. La situazione è ancora difficile, ma forse non è troppo tardi.
| 27 novembre 2013 |
Il Salvador è lo Stato più piccolo dell'America Centrale, uno dei Paesi più pericolosi al mondo per la violenza sociale che da anni affligge la sua popolazione. Eppure tra le strade inquinate di smog, le baracche disordinate tra i cavalcavia della capitale, i verdi vulcani che dominano il paesaggio, i numerosi mendicanti appostati ai semafori, i militari che sorvegliano ogni dove, i fili spinati che recintano le case, si scoprono esperienze di maestri, studenti, genitori ed intere comunità che hanno accettato la sfida di trasformare la propria cultura educativa per migliorare il loro Paese e il loro futuro di cittadini, senza dover fuggire all'estero in cerca di una vita diversa.
Il Ministero dell'Educazione Salvadoregno (MINED), dal 2009, ha fatto dell'inclusione la propria bandiera innescando un processo di trasformazione difficile ma assolutamente necessario per combattere con l'educazione la piaga delle maras e delle molteplici manifestazioni di esclusione e violenza sociale che stanno affliggendo umanamente il Paese. A raccontarci cosa stia accadendo in questi ultimi 5 anni nel sistema educativo, è una delle maestre della scuola elementare Prof. Rafael Osorio Hijo del dipartimento di La Paz,
"La nostra scuola ha intrapreso il cammino dell'inclusione dal 2009. Vedendo la necessità di dare risposta a tutta la popolazione scolastica, si cominciò a lavorare con due maestre nell'aula di sostegno dedicate ai bambini e alle bambine con bisogni educativi speciali. Infatti, nel nostro territorio c'è un'alta percentuale di bambini con disabilità e in situazione di grave disagio famigliare. Tutto ciò che abbiamo imparato sull'educazione inclusiva ci è servito come base su cui costruire il progetto di scuola inclusiva a tempo pieno (EITP). L'opportunità del tempo esteso ci ha permesso di valutare le nostre pratiche educative, le aree da migliorare a partire dai risultati scolastici degli alunni e dai loro comportamenti. Inoltre la EITP ha consentito una maggior permanenza degli studenti a scuola, offrendo un'alternativa alla strada.
"Un risultato molto importante è stata la partecipazione della Rete Comunitaria nel progetto educativo. Siamo riusciti a cambiare la cultura della scuola e della comunità, attraverso una condivisione piena, senza barriere, aperta a tutti gli studenti. Stiamo affrontando un lungo cammino, con molte sfide per adottare una cultura inclusiva. Per questo motivo, come comunità educativa, siamo disposti a perseverare per aiutare tutti i bambini e le bambine che hanno bisogno di maestri professionisti, abbandonando la casualità e l'individualismo e scegliendo una proposta pedagogica capace di rispondere in maniera differenziata e contestualizzata alle necessità dei nostri giovani. La scuola inclusiva a tempo pieno ci sta permettendo di trasformare le nostre aule in laboratori, in quanto luoghi di traduzione della pedagogia attiva, offrendo agli studenti l'opportunità di apprendere sperimentando".
Il processo di promozione della scuola inclusiva in Salvador si attiva nel 2005 grazie alla sinergia di azioni realizzate dal Ministero dell'Educazione Salvadoregno, dalla Cooperazione Italiana, dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna e da EducAid.
Coinvolta dalla guerra civile dal 1980 al 1992, la società salvadoregna è profondamente divisa da conflitti sociali legati alle gravi condizioni di povertà, ingiustizia e disuguaglianza sociale. Il fenomeno dell'emigrazione sta contribuendo all'aumento della disgregazione famigliare esponendo bambini e adolescenti ad ulteriori situazioni di rischio. 5.209 ragazzi sotto i 19 anni sono stati assassinati tra il 2005 e il 2011; la prima causa di morte tra gli adolescenti è il suicidio. Sono dati che lasciano sconcertati e che motivano la comunità nazionale ed internazionale a perseguire la strada dell'inclusione scolastica e sociale in un'ottica di prevenzione. La scorsa estate, il 24 e 25 luglio 2013, si è volto a San Salvador il primo convegno internazionale, organizzato da EducAid e dal Mined, sul "Ruolo sociale della scuola", in cui sono intervenuti esponenti del mondo accademico del Dipartimento di Scienze dell'educazione dell'Università di Bologna, delle Agenzie di Cooperazione internazionali e salvadoregne, delle istituzioni locali, impegnate a sostenere il Salvador nel processo di trasformazione verso la scuola inclusiva.
Ciò che sta accadendo in Salvador dimostra come il processo verso l'inclusione non sia unicamente una questione di risorse economico-finanziarie. I punti di forza sono stati fino ad ora la volontà politica di proporre un cambiamento di rotta del sistema educativo e l'impegno, la passione di centinaia di maestri e direttori che svolgono quotidianamente il loro lavoro in condizioni molto difficili. Al di là dei degli orientamenti che verranno assunti in ambito politico-educativo a seguito delle elezioni politiche del 2014, la trasformazione più significativa che sta avvenendo è di tipo culturale, quindi non basterà cancellarla sul piano normativo, soprattutto là dove maestri e direttori stanno lottato per costruirla. Questi insegnanti, come tanti altri, sono eroi del nostro tempo, della nostra storia e della vita di molti studenti, in Salvador come in Italia. Forse, nel leggere queste righe, qualcuno avvertirà nostalgia per le battaglie che dalla fine degli anni 60 mobilitarono il mondo della scuola e della società civile al fine di garantire il diritto allo studio attraverso l'inclusione, e per le esperienze di Scuola a Tempo Pieno nate dal basso, in risposta ai bisogni sociali delle famiglie e a quelli educativi degli studenti.
Forse, non è mai troppo tardi.
Arianna Taddei
nella foto: alunni di una delle scuole pilota EITP dopo il pranzo